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Poesia come antidoto

Grazie per la tragedia, ne ho bisogno per la mia arte

Kurt Cobaín



Sono stato invitata a scrivere un articolo molto personale sulla mia idea di poesia. Forse il mio ego mi avrebbe spinta qualche mese fa a scrivere senza freno, come un puledro che si imbizzarrisce sopra ogni steccato senza misurare il rischio. Ora, quando mi rendo conto minuto per minuto che la nostra esistenza è appesa a una corda consumata, le parole tremano nelle mie mani. Per questo motivo, farò ricorso alla scena che oggi la finestra mi porta, proprio ora, mentre provo a districare il filo spezzato delle mie idee.

Sono seduta nel salotto di casa mia a Taos, New Mexico, dove ho appena iniziato gli arresti domiciliari che molti già vivono. Fuori la neve cade mentre il sole splende luminoso. Per me è uno strano fenomeno; bello e malinconico allo stesso tempo. Il sole e i suoi raggi infuocati che combattono una battaglia contro il freddo; la metafora perfetta per la nostra esistenza. Dentro ogni persona c'è una fiamma che ci spinge, ma c'è anche una neve costante, che a volte è impercettibile. Quando si accumula, attacca i suoi cristalli di ghiaccio nelle nostre ossa. Che cos'è la poesia se non la fusione di quella dualità che la natura ci mostra? L'ordine esiste perché c'è stato il caos, la felicità può essere definita perché una volta si ha provato la tristezza, la salute è apprezzata solo quando arriva la malattia, la libertà, quando ci rinchiudono e la vita, quando la morte - che è sempre stata una minaccia imminente – non viene più ignorata.

Da quando ero un adolescente e, in particolare, dopo il suicidio di mio fratello maggiore, mi sono identificata molto con il pensiero dei poeti "maledetti" e con la musica di personaggi come Kurt Cobain. Da loro ho imparato che l'arte si nutre di tragedia, che l'assenza è una presenza costante e che la parola è al tempo stesso silenzio. Non ci sarà mai un'alba più bella di quella dopo aver deriso la morte. Una madre non sarà mai così importante per un bambino come il giorno in cui i suoi occhi si chiuderanno per sempre, e nessuno sarà così grato per il cibo fino a quando non avrà fame.

Baudelaire riconobbe solo tre esseri rispettabili nel mondo: “il sacerdote, il guerriero e il poeta. Conoscere, uccidere e creare ”. Ho sempre fatto affidamento su questi tre verbi per cercare di contribuire alla mia idea di poesia, anche se ritengo che sia un tentativo del tutto ambizioso ed egoistico, ma suppongo che sia qualcosa di cui non potremo mai liberarci mentre siamo vivi. Per creare, abbiamo bisogno di conoscenza e per acquisire tale conoscenza, dobbiamo nutrirci ugualmente di tragedia e felicità. Una poesia non sarà mai così bella se non contiene quell'equilibrio. Se parla solo di fatalità è una storiella e se parla solo di felicità non è altro che una manciata di frasi motivazionali. Il perfetto equilibrio tra luce e ombra è ciò che rende la poesia uno scudo di difesa contro le avversità e delle ali che ci permettono di volare, anche quando ci hanno rinchiuso in una cella. Per me, la poesia diventa un antidoto al veleno delle nostre tragedie quotidiane, ma per ottenere quell'antidoto è necessario mescolare un po' di tossine con un agente neutralizzante. È il poeta che deve avere la capacità di ingerire il veleno per produrre l'antidoto e non morire per il morso dei propri denti.

Marisol Bohórquez Godoy


(Traduzione Valeria Citterio)

 

Marisol Bohórquez Godoy (Colombia, 1982). Poetessa, pittrice e traduttrice letteraria, laureata in ingegneria. Ha pubblicato le raccolte di poesie: La soledad de los espejos (Comun presencia, 2016), Effetto farfalla-Efecto mariposa (Rafaelli editore, 2017), Antipartículas-Antiparticelle (Higuera editores, 2019) in collaborazione con Gianni Darconza e La forma del vacío-La forma del vuoto (LietoColle, 2019). Ha tradotto poesie di oltre una dozzina di autori italiani contemporanei, tra cui la raccolta di poesie: Elogio dell'indeterminazione (2018) di Gianni Darconza. Ha partecipato ai Festival internazionali di poesia di Medellín (Colombia, 2016 e 2018), La Juntada a Buenos Aires (Argentina, 2016), Ditët e Naimit a Tetovo (Macedonia, 2018) ed Europa in versi a Como (Italia, 2019). È stata invitata a impartire lezioni di letteratura Ispano-Americana alla Università Carlo Bo di Urbino. Recentemente ha conseguito la laurea magistrale in letteratura spagnola e latinoamericana presso l'Università di Barcellona, svolgendo la sua tesi sull'influenza della matematica nella poesia. Risiede negli Stati Uniti e collabora con riviste latinoamericane di poesia diffondendo le opere di autori italiani.



Photo by Annie Spratt on Unsplash

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