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Io, l’esilio, la poesia e il mondo


Io e l'esilio:


L'esilio delle lingue:

Essendo nato curdo, da genitori curdi, che conoscono il curdo solo dalle numerose lingue di Dio, volevo, proprio come tutti i bambini, giocare, studiare, imparare e scrivere le mie prime lettere nella mia lingua madre. Invece, mi sono trovato nel labirinto di un'altra lingua, una lingua in cui non distinguo una lettera da un'altra; e quella lingua è l'arabo. Qualche anno dopo, il bambino che cresceva dentro di me giorno dopo giorno si chiedeva: "Perché studi e impari questa strana lingua invece della lingua di tua madre, di tuo padre e di tuo nonno?" Il tempo e la consapevolezza darebbero una risposta schietta a questa domanda: la lingua curda era ed è ancora vietata in Siria. Fatta eccezione per il ristretto ambito della famiglia. La cultura curda è vietata e perseguitata. Scrivere in curdo è proibito poiché non ci sono scuole, istituzioni o università che lo insegnano o lo includono nel loro curriculum. Pertanto l'unica opzione che mi è stata data è stata quella di padroneggiare l'arabo e formarmi passo dopo passo studiando, leggendo e scrivendo. Questo è esattamente quello che è successo.

E ora sono qui, a scrivere le mie poesie in questa lingua straniera con una grande immaginazione e una passione comparabili solo con la passione per la poesia stessa e cercando una profondità che emula tanti compagni poeti e scrittori di questa lingua. Vorrei aggiungere in questo contesto che ho imparato a leggere e scrivere nella mia madrelingua in questo esilio, in Europa, dove mi è permesso scrivere in curdo le mie poesie, i miei testi e le mie ossessioni.


L'esilio della Patria:

Un giornalista arabo mi vorrebbe chiedermi le ragioni per cui vivo in Germania. Pubblicherà l'intera intervista sulla stampa araba; eppure, la risposta a questa controversa domanda finirà per essere cancellata e non so perché. Risponderò: “Sono stato costretto a scappare da una patria chiamata Siria. A quel tempo, mi dissi: "Scappa prima di suicidarti, di impazzire, di andare in prigione, di morire di fame o il fuoco della vita e della speranza che brucia al tuo fianco si spegnerà. Lascia questa patria, che non si è trasformata in nient'altro che in un cadavere disintegrato, un cadavere che ha perso i valori di amore, libertà, bellezza o dignità umana; lascialo prima che la disperazione divori il tuo cuore e la tua anima; lascialo prima che tutti i tuoi sogni svaniscano. "Per questi motivi, mi sono ritrovato in un nuovo luogo di esilio, un esilio nel quale desidero ardentemente la mia patria. Ogni volta che ascolto le tristi notizie che riguardanti la situazione in Siria, apprezzo il mio esilio e rimango fedele ad esso. L'esilio è una condizione di vita difficile, ma vivere nella mia terra natale è ancora più difficile. La poesia addolcisce la durezza di tutto questo."


La poesia è febbre e calore:

La poesia è un linguaggio armonioso, che non si completa senza l'uso della miseria; il dolore, la miseria e la sofferenza sono le fonti fondamentali della poesia, la sua sorgente di esistenza. La poesia è quindi una creazione e una nascita che non possono esistere senza vera sofferenza. Anche nella poesia che parla di gioia e d’amore ci sono tracce di sofferenza, ansia, dolore, tristezza e miseria; questi accenni sono inevitabili.

Nella letteratura, e in particolare nella poesia, mi sembra di stare sempre in una stanza riscaldata, una stanza che è riscaldata dalla fantasia e dalla follia. La poesia non può coesistere con la freddezza. Non può vivere in una stanza fredda, con il rigore della mente. È figlia della fantasia e della follia: chiede a tutti noi di rimanere, per il suo bene, in uno stato costante di febbre e calore. Scrivo poesie per allontanarmi da me stesso e rendere il sogno più entusiasmante di qualsiasi cosa io abbia mai visto, per portare la mia follia a livello di una grande stupore. La poesia, questa creatura che non ha eguali in qualsiasi altra cosa esistente, può farmi sacrificare tutto per il suo bene, il sacro e il profano. Di tanto in tanto chiedo alla persona che è in me: "Tu, poeta che è dentro di me, sei stato fedele a ciò che insegna di poesia? Ti sei sacrificato abbastanza per il suo bene? " E poi mi rispondo: "Sto provando con tutta la mia potenza, cellule e sangue che scorre nelle mie vene".


La poesia e il mondo:

La poesia non può curare i dolori dell'umanità o liberare le nazioni dall'ingiustizia o dal dispotismo; non è uno dei doveri della poesia guidare rivoluzioni o realizzare giustizia e uguaglianza nel mondo. La poesia non può fermare l'umiliazione e il dolore, a cui le persone sono esposte ovunque. Tuttavia, la poesia è come un urlo di fronte a questa epidemia che si diffonde ovunque; un urlo di fronte a guerre, carceri, uccisioni, esilio e distruzione, che ricoprono tutto l'universo; un urlo che può abbracciare tutto il mondo e diffondere momenti di calore, amore e libertà attraverso le sue vene. Da subito, questo grido poetico dovrebbe essere ben scritto, con una potente immaginazione, con fascino, come miracolo, amore e follia; altrimenti, sarà un grido inutile. Il mondo della poesia ha una forma diversa dal mondo senza di essa. Se il mondo si rivestirà di poesia, risorgerà dalle ceneri alla luce, dall'ottusità alla sensibilità.


Hussein Habasch

poeta del Kurdistan



Photo by Laura Vinck on Unsplash

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