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Intervista a Metin Cengiz



Visar Zhiti

Martina Toppi: Quando ha cominciato a scrivere poesie?

Metin Cengiz: Durante gli anni della mia infanzia ho letto molta poesia: in famiglia l’abbiamo sempre amata. Mi ricordo che poco a poco cominciai a scrivere poesie a mia volta. I miei compagni talvolta mi chiedevano di scrivere per loro poesie da regalare alle ragazza di cui erano innamorati. Giochi da bambini… in breve iniziai a scrivere quartine per gli amanti. Di sicuro tutto questo non fu altro che un esercizio per il futuro. Credo di aver scritto riguardo a un argomento popolare e di aver così imparato. Al giorno d’oggi molti poeti scrivono sul medesimo argomento.

MT: Qual è la Sua fonte d’ispirazione ?

MC: Tutto. La vita, quello che vedo e che vivo ogni giorno. Si pensa che i poeti cerchino qualcosa per avere un’ispirazione: non è altro che un mito. E’ una grossa bugia. Per scrivere poesia basta semplicemente vivere, serve sentire a fondo e comprendere la verità. Con questo non voglio dire che sia necessario essere dotti e acculturati. Queste sono evidentemente delle condizioni di base, ma credo sia indispensabile pensare con la poesia. Pensare in poesia è importantissimo. Vuol dire osservare attraverso la poesia, ascoltare attraverso la poesia, come uno scultore che guarda il marmo ma vede già la statua. Un poeta deve vedere la poesia dentro tutte le cose. Vivere è sentire la poesia. E poi saper come scrivere quello che si è appreso.

MT: Quanto è indispensabile per Lei la libertà? Libertà d'espressione ma anche di vita.

MC: Le libertà per me fondamentali sono i diritti naturali dell’uomo. L’umanità ha compiuto molte cose in nome della libertà, in tutti i paesi del mondo, e la merita. Ma per scrivere è necessaria la libertà intellettuale, che è ben diverso dall’essere liberi. Voglio dire che l’uomo deve poter essere capace di pensare con il suo proprio spirito.

MT: Ha già scritto qualche poesia sul tema della libertà ?

MC: Certamente. La poesia stessa è libertà. La prosa descrive: recita, parla, racconta. Ma la poesia fa vedere, mostra. La prosa parla dentro al presente, ma la poesia mostra il futuro. La prosa è un sistema e diventa una forma al servizio del sistema. Ma la poesia lascia un segno in vista del futuro.

MT: Secondo Lei, perchè i regimi dittatoriali hanno così tanta paura degli intellettuali ?

MC: Perchè gli intellettuali si rivolgono sempre alla libertà e alla verità e sottolineano l’importanza del pensiero.

MT: La Sua arte ha richiesto un duro prezzo : è valso la pena combattere e abbandonare una vita tranquilla in nome della poesia ?

MC: Leggere e imparare richiedono continuità, perchè il mondo è in continuo cambiamento. La dialettica del cambiamento stessa è un mutare continuo. Quindi per capire, comprendere la verità e scriverla bisogna avere una coscienza “risvegliata” e soprattuto questo serve per scrivere nella forma del pensiero poetico. Quando un poeta scrive, scrive con fiducia nella libertà e nella consapevolezza della libertà e quindi si batte contro il linguaggio, che per lui è come una prigione, contro le ideologie e contro le abitudini. Spesso il poeta risulta così solo e sofferente.

MT: Che cosa consiglierebbe a un giovane poeta che si trova ostacolato nel suo cammino verso la poesia ?

MC: Prima di tutto è necessario che individui una sua propria voce: deve leggere la sociologia, la filosofia, la storia, la psicologia. Deve conoscere l’uomo e la lingua. Deve imparare a osservare. Deve, in definitiva, consacrare la propria vita alla poesia.

MT: Le andrebbe di condividere con noi un episodio o un’impressione della vostra prigionia ?

MC: La vita in prigione è dura, soprattutto per un prigioniero politico. Questo vuol dire che si è pericolosi per coloro che vi hanno imprigionati. Allora bisogna essere forti, saldi e sempre vigili e imparare a comprendere che la prigione può anche essere una scuola, un’università sulla vita. Di conseguenza si prende l’abitudine di parlare con i propri compagni, esaminare ciò che accade nel mondo, leggere, imparare ad assumere un atteggiamento critico.

MT: C’è una poesia della sua ultima raccolta pubblicata a cui tiene in particolar modo ?

MC: Sì, in particolare "Mio figlio, Il tuo canto, Amore, Come se mai fosse accaduto, Come mi conoscete, Guerra, In guerra, Il testamento del poeta, Primule e una pistola scarica, Gaza, İlhami, Le foglie che cadono, La pioggia, Descrizione dell'amore, Cosa ci fa dire il tempo" Queste poesie sono conosciute a memoria da molte persone e sono state tradotte approssimativamente in 30 lingue. Naturalmente ci sono altre poesie non tradotte. Ma alcuni hanno trovato molto più impressionanti delle altre queste:Mio figlio, Amore, Come mi conoscote, Gaza, İlhami, Il testamento del poeta.

MT: Qual è il significato del titolo della sua ultima raccolta : « I colori delle tenebre » ?

MC: Quello in cui viviamo è un tempo di rivincita per il capitalismo e l’imperialismo, sia nei paesi “illuminati”. Il capitalismo in nome della libertà strumentalizza le principali libertà: saccheggia la ricchezza apparente e sotterranea di altri paesi nel nome della democrazia e dei diritti dell’uomo. Per esempio questo sta avvenendo in Iraq, in Siria, in Libia… Grazie a chi? Grazie ai leader di questi paesi che collaborano col capitalismo. E’ una tragedia. L'umanità vive sotto un selvaggio regime capitalista. Il mondo sta vivendo un nuovo fenomeno e sta andando incontro a problemi mai visti. Da qui l'oscurità e il colore dell'oscurità.

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