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Simone Savogin


SIMONE SAVOGIN – ITALIA

ACCUSO

Buongiorno vostro onore, perdoni aspetto e odore, ma aspetto da sei ore di poterle dire direttamente e chiaro che qui io mi dichiaro estraneo e innocente e strenuamente mi difenderò a tutti i costi. La prego, si discosti un poco e faccia in modo che le parli faccia a faccia, per favore, ne va del mio buon nome, non m'ero mai sentito accusare di essermi arreso! È un peso, sì, però io son così!

Lo so, non sono il volontario che avrei voluto essere, e se resto in questo stato è perché non sono stato abbastanza coraggioso da rincorrere il mio sogno di cantante, ma si dicon tante cose quando si crede nel futuro, ma è dura, ve lo giuro, giocare al duro e puro contro il muro del reale. Restare e provare a cambiare le cose è altrettanto coraggioso. Col raggio sonoro di ciò che dico e sento, vorrei entrarvi dentro e tentar di risuonare. Sua eminenza. E senza riguardi, le chiedo: mi guardi!

Le guardie faccian ciò che dice, mio giudice inclemente, che m'indice nella mente il peggiore dei processi: proprio lei, sì, il sedicenne me, che sedicente intellettuale ha passato ore a postulare amore universale e università gratuite, teletrasporti elettrici ed elettrici elette per far smettere violenze su donne assai migliori dei milioni di uomini vuoti, idioti e istrioni, che credon di esser alpha ma son solo dei co… dei cafoni

Perdoni sua eccellenza, la mia impertinenza, ma ribadisco ancora l'importanza dell'eloquio, e qui io fermamente affermo: LA PAROLA È LA SOLA ARMA CHE PUÒ PIÙ DI QUALSIASI BOMBA!

E da qui sino alla tomba, io proverò a cambiare tutto ciò che posso a colpi di senso e col dissenso, lei provi ad osservare quanto serva il parlare, e quanto sia potente e concreta la voce di Greta, mi grazi, la prego, non vede che nego l'ego e che l'unico valore che porto dentro me è l'onestà di essere chiaro, io che rimedio rime di ori, medio rimedi o rido di me che mediocre, ridò senso ai sensi. Non sente, signor giudice, l'importanza del significato?!

Si segni a verbale che lo scambio verbale è la linfa vitale del bene comune, e la comunicazione dovrebbe avere l'ascolto come unica azione fondamentale. E la forma mentale in cui Dubito e affondo è che “siamo solo soli, in fondo” siamo fatti tutti di versi, quindi tutti uguali di fronte alla leggerezza dell'essere soli in mezzo al nostro universo, verso tutto quel che posso nell’abisso del senso e possono fraintendermi e portarmi via tutto quello che ho, ma:

tutto quello che suono

tutto quello che sono

tutto quello che so, no

perché non mi interessa essere il migliore

ma voglio ancora avere

quella bella voglia d’imparare

che rimane a chi ci tiene

e nell'impronta di chi m'ha preceduto

m'importa che nel porto e nell'approdo che sono e resto

da oggi,

io,

mi porto tutto questo

del resto, le migliori parole che vorrei essere

io non le ho ancora scoperte.

E per te, e tutto quel che sei, anzi, per noi sette miliardi

io lotto

e lotterò

e finché avrò voce

scriverò io padre

IL VERO SENSO DELLA PAROLA

In principio

era il bello,

lampi di forzaenergia

luce e nulla in lotta

mangiarsi e rotolare per vincere

in un’esistenza che comunque è già.

Questo è ciò che dimentichi:

siamo, perché siamo.

E non: dobbiamo essere, perché avremo.

Bene, perché bene per quanti più puoi,

adesso e anche poi.

Non: concedo, per eterni giardini,

o settantadue imeni.

È che è ovvio tu vinca battaglie

se le tue più che assolute

verità supposte,

che padri inculcano a infanti,

van vanificate da chi

non se le è, come te, inventate

Non nego l’aiuto che dai,

non dico ti renda cattivo,

tutt’altro, se può farti migliore,

chi son io per tarparti ideali?

È che pretendi l’assoluto

mentre in Yin c’è Yang

e il contrario.

Che, si sa, l’Utopia è utopia

perché l’uomo non è un essere umano,

ma centro ed ego e super.

Se nego, è più per dogmi e strutture,

per il far leggi degli ovvi consigli,

ché se posso, al mio prossimo,

faccio anche meglio,

perché diciamocelo,

un po’ io mi odio.

Porgo pure questioni

su questi eoni di storie e nozioni

di nazioni promesse e messi,

di masse e messe,

ma messe alle strette

‘ste sette son tutte lì a dire

che questo è da interpretare

e quest’altro è più letterale,

finché non butta male,

e allora non vale e va levigato,

e levato da un voto elevato a veto.

È il vuoto di vetro che vi spaventa

mentre io amo il pieno e ci entro,

il “ci sono”, e questo a me basta.

Il rispetto è l’unica legge

che siam tutti tenuti a seguire,

e non servon spiriti per capirlo,

ma occhi e sensi e domande.

Se poi io,

metti caso, sbagliassi,

non sei tu

che ti dici campione

nel saper perdonare?!

Che per donare ed essere cura,

non serve che averne.

Che perdo, magari, ma a me

per ammetter di poter fallire

non serve alcun dio o signore,

se ignoro è sapere in potenza,

non paura di perder potere.

E potrei ancora dire

di re e reati,

prelati e relazioni,

delazioni e crociate,

crocifissi imposti,

imposte evase,

risposte evasive,

ma vi vedo esausti

e non sarò mai esaustivo.

È che vivo e per me

il valore di una persona

è, per sua natura,

la somma di tutti i sorrisi

che lascia a chi non chiede niente.


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