Pubblichiamo la recensione di Alessandra Corbetta alla raccolta poetica di Umberto Fiori "Poesie. 1986-2014", edita da Mondadori.
"Poesie. 1986-2014", edita per Mondadori dal 2014, è la raccolta, pressoché omnia, dei componimenti poetici di Umberto Fiori che rivelano, ancor più se letti uno dopo l’altro in una successione anche cronologica come quella proposta, una magnetica dicotomia nel concepire e nel parlare di un’esistenza, quella generica e generale di cui tutti godiamo, e quindi dell’esistenza particolare e personale come quella che tutti viviamo.
La morsa dualistica in cui stringe la poetica di Fiori si snoda tra l’evento comune, banale, quasi scontato, estrapolato da un’ipotetica vita di tutti i giorni di un qualsiasi uno, e l’evento improvviso, straniante, casuale, che sovverte l’ordine e lo sguardo, che spalanca le persiane dell’attenzione su un modo straordinario di osservare e percepire l’ordinario, saldamente ancorato al suo ripetersi perpetuo, rassicurante, noioso, vitale. Perché, va sottolineato, il momento del “miracolo” non arriva come un deus ex machina dall’alto, ma è l’esito collaterale di qualcosa di normale andato storto, di qualcosa che, per qualche ragione, non si incastra col prestabilito procedere cadenzato delle cose così come ce lo si aspetta per norma, consuetudine o per abitudine.
È un incidente, una discussione, un pensiero che può potenzialmente capitare a tutti, in cui ognuno potrebbe capitare.
C’è un presente, un contesto cittadino/metropolitano, la contemplazione di un reale locus amoenus; c’è un soggetto che potrebbe essere anche un altro; ci sono tutte le possibilità schierate in fila lì davanti e c’è la stagnazione della quotidianità nell’azzeramento totale di specificità a cui Fiori dà vita: ma proprio l’assenza di particolari e la costruzione situazionale sempre riferita a personaggi-quidam consente, a chiunque si accinga alla lettura delle poesie, di insinuarsi al loro interno senza fare rumore, di immedesimarsi, di poter essere, senza fatica, costante protagonista.
Il nascondimento/assenza dell’io poetico nella sua tradizionale forma diaristica e auto-narrante spalanca, infatti, spazi grandissimi che possono spaventare o ammaliare, condurre alla meta o creare disorientamento ma che, comunque, determinano un continuo rimbalzo riempitivo nella riflessione che inevitabilmente mettono in azione.
L’ordinario rende possibile lo straordinario: lo straordinario rivela l’ordinario; la generalizzazione consente l’unicità: l’unicità vale se esiste un generale; il lessico comune svela un pensiero complesso: la complessità del pensiero filtra tramite la semplicità del linguaggio; l’Io e gli Altri: altri e io. Magnificamente tutto dualistico nella poetica di Fiori, senza baratri ma con gli opposti uniti dall’accompagnamento permesso dal ponte incisivo delle metafore, sempre riuscitissime, pungenti, alla volte ironiche, a tratti sbalorditive.
E poi è moderna, quasi avanguardistica, la virtualità che accompagna i versi di Fiori; una virtualità che non coincide con la non-realtà, bensì con le infinite possibilità in perenne potenza e, dunque, di sola parziale attuazione che la realtà stessa offre.
Una poesia di libertà labirintica, poesia di sfida, poesia di respiro che, proprio come anche la vita fa ogni tanto, avvolge ognuno di noi tra petali di fiori, chiunque sia quel noi, ovunque si trovi.