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Recensione di Vito Intini sul libro "Il colore dell'oscurità" di Metin Cengiz


il colore dell'oscurità

Condividiamo la recensione di Vito Intini sul libro di Metin Cengiz "Il colore dell'oscurità" Lietocolle 2017.

“Il sangue schizza dalla terra ad ogni colpo di zappa” Metin Cengiz è un invidiabile, indomito, inesausto lavoratore al servizio della Parola e della Fraternità, assomiglia ad un ridente trattore che smuove il terreno indurito delle anime, fra gli ulivi contorti, sempre attento a riconoscere e a non ferire le radici che ci nutrono. La poesia di Metin Cengiz mi ricorda il canto degli uccelli in autunno, prima di andarsene per altri cieli, rasentando i flutti aspri della notte che ci separa da altre terre, essi raccolgono per noi l’ultima gloriosa luce dell’estate e la traducono in trame sonore di oro lucente. Prima ancora dei suoi dolci ed asprissimi versi, la sua fragorosa risata di petto ho conosciuto, spezzando insieme il pane della poesia in una vecchia osteria a Mghar, in Galilea, con il comune fraterno poeta Naim Araidi. A volte la sua poetica mi richiama alla memoria un indimenticato poeta salentino, Vittorio Bodini, visionario ed incantevole traduttore di Lorca e Rafael Alberti, innamorato, (e come non si può?) della calce scrostata dei nostri muri pugliesi. Anche Cengiz ama e traduce i poeti francesi e, nella sua bella rivista, Siirden, ad Istanbul, coglie i vagiti poetici dei poeti del nuovo millennio, cercando oltre i confini e tra i linguaggi quello che può unire, interagire, affratellare, ridurre le distanze. Dopo Naim Araidi a lui penso, a Metin Cengiz, come ad una colomba impavida, che semina amore e pace come una pioggia benefica sui nuovi deserti che avvolgono la terra oggi in un insensato sudario. “Io sono una sublime montagna in rovina/non il vento ma il deserto soffia intorno a me/il cammino che percorro è il lamento del nulla/ora devo spararmi alla testa o vivere per una tribale fraternità/ anche se gli anni a venire mi sferzano come fulmini…” La consapevolezza del ruolo e del significato immediatamente civile e politico della poesia e dell’uomo-poeta oggi, nel vicinissimo oriente mediterraneo, collocano Cengiz e la sua poesia sulla stessa strada di Neruda e di Hikmet. Bisogna andare un po’ indietro, forse al nostro Rocco Scotellaro, alle lotte dei contadini di Tricarico, per ritrovare certi accenti e la fede nella poesia come strumento di lotta e di amore per la libertà e la giustizia. Forse le urgenze, i valori che animano i versi di Metin Cengiz, che in Italia sembrano morti e sepolti con lo scempio della vita di Pier Paolo Pasolini sul litorale di Ostia, hanno un compito: ricordarci che i fascismi sono sempre in agguato e che “il sonno della ragione genera sempre dei mostri”. “Sentiamo ovunque il fetore della guerra/ anche solo il suo nome colpisce le nostre narici (…) Dio dev’essere impazzito”. Ognuno usi ed abusi pure con il proprio feticcio metafisico. Noi pensiamo che l’Umanità, tutta, sia oggi diretta e condotta verso il baratro da politici dissennati oltre che miopi e dominati dall’odio e da luridi ed inconfessabili interessi economici. “Ho sempre sfidato a duello i miei nemici/con una pistola scarica/offrendo loro un mazzo di primule” questo solo può fare un poeta contro la marea lurida dell’oppressione e del fascismo. LE PRIMULE SONO DINAMITE AMICO! CONTRO IL CAPITALISMO E L’IMPERIALISMO LE PRIMULE SONO PURA DINAMITE!!! Noi lo sappiamo ormai, siamo tanti, puri e semplici ed invincibili, che una ustionante carezza avrà la meglio sulle dottrine della menzogna, sulla scienza disumana del profitto Sulla pelle ipersensibile della memoria storica emerge, come fra i fiori fra emergono i lillà, il triste conteggio dei sacrificati, a milioni, popoli interi, a cui si sottrae il compimento. Ci vuole un cuore davvero di acciaio, una volta si parlava di stomaci, io credo che i capitalisti abbiano un ostinato cuore di merda, non sentono i pianti le lacrimi i gemiti. Zero. Infami. Indegni persino di monsieur di Guillotin. Un nobile oceano di fiorita e muta indignazione s’alza dalle terre dell’oblio dimenticato dalla storia. “Quando bevevo troppo..” Questa bella raccolta di LietoColle “Il colore dell’oscurità”, a cura di Laura Garavaglia, riporta nella nostra lingua la voce di un protagonista imprescindibile della poesia turca e mediterranea di oggi e dà seguito alle antologie di poeti turchi contemporanei di Manni di Lecce e di Vito Radio Editore di Putignano. Questo mi piace. Davvero.

Vito Intini


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