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Ora et labora


Il poeta è nudo (esperimento di trasparenza)

PAROLA CHE INVOCA LA PUREZZA DELLA LETTERATURA


Perché non soltanto il re, ma anche il poeta è nudo.

Non vuole nascondersi perché non esiste da nessuna parte, se vuole nascondersi, non mostra il suo vero volto, anzi forse l’ha anche perso.


Uno di loro ha la stessa vita e lavoro, lui stesso è un libro aperto e giace sul tavolo operatoio, chiunque può guardare dentro di lui a piacere, non può scappare e non vuole.

Non può scappare da nessuna parte e non ci sono vie di fuga.

Vorrebbe arricchire e migliorare il mondo. Spesso diventa povero per questo.

Parla poco.

Sa che potrebbe sbagliarsi. Lo sa.

Magro e col tempo diventerà sempre più magro. Trasparente. Emana luce.


C’è chi considera vita e lavoro totalmente indipendenti l’una dall’altro, trascorre tutto il tempo alla ricerca di scappatoie, rifiuti e buone posizioni. Sgomita, calpesta. Distrugge. Non dice la verità.

Vuole diventare ricco qui e subito.

Parla sempre, fa trambusto. Si mette sempre in mostra.

Nasconde. Pensa di essere infallibile.

Si immerge nel fango. Senza luce.


Perché c’è chi lavora, esiste e cerca una posizione.

Oppure come ha scritto Szabo Magda: c’è chi spazza e chi fa spazzare.


Tra questi due estremi ci battiamo noi poeti contemporanei.

Ma possiamo decidere e decidiamo continuamente per uno o l’altro. Ci schieriamo. Anche se è difficile dobbiamo schierarci.

Perché „Dobbiamo riconoscere: / Se ci fanno una domanda / dobbiamo rispondere con rispetto. / Bisogna andare / in guerra con rispetto, / dobbiamo percorrere / la strada con rispetto, / dobbiamo / recitare il ruolo con rispetto, / duramente e senza riguardo.” Confessa Jenő Dsida, il poeta sacer, nella sua poesia Senza riguardo.

Ed aggiunge ancora: „Non si può servire Cristo e Pilato contemporaneamente.


C’è molto frastuono nella vita letteraria, ma della cosa più importante se ne parla veramente poco: la letteratura e la qualità. L’anima. L’originalità, il punto di vista del poeta, la responsablità delle persone che sanno leggere e scrivere. Non parliamo dei nostri compiti, non parliamo da dove nasce e del vissuto dalle quali nasce e cresce la poesia che risolleva l’anima e dà conforto nei momenti più difficili della vita. La poesia che giorno dopo giorno nomina e tiene il mondo insieme, ripensa e ricrea il mondo; non dichiariamo che parole dobbiamo dire e che parole dobbiamo evitare. Come facciamo a smettere di avvelenare continuamente il pozzo ed la sorgente. Perché la parola detta ha un potere. Potere creatore o distruttore. E purtroppo centinaia o migliaia di volte il poeta non mira al potere creatore. Se qualcuno deve sapere allora è lui, il poeta, che i demoni hanno potere su di noi fino a quando non li nominiamo e li conosciamo. In quel momento smettono di esistere. Anche i propri demoni, che sono ancora più forti.


Dì la verità e non ciò che è originale. Perché la parola vera apre spiragli, cura. Il poeta se guida l’anima non potrà fare altro. Nell’opera non si può mentire.


La poesia, bella e nobile viene dominata da discorsi ordinari, linguaggio burocratico, distruzione di esistenze, picnic sull’argine, comportamenti ambigui, intrighi di palazzo, omicidi di gente senza nome, mancanza del silezio, aspettative, condivisione, politica di ogni giorno, oppure qualcosa che pensiamo sia quella, accuse, rifiuto delle responsabilità. Così ascoltiamo sempre meno parole oneste, un pensiero che dia sollievo, un discorso di sintesi, un esame di noi stessi, un silenzio costruttivo, un risultato vero. Fino a quando questa situazione non cambierà, sarebbe opportuno restare in silenzio, fare un’esame di coscienza e fare pulizia a casa nostra, lavorare, lavorare e spazzare. Molto. Come Stanislavsky e gli attori prima dello spettacolo.


Numerosi esempi classici e contemporanei dimostrano che è possibile creare, presentare opere originali senza continui incentivi statali, borse di studio o premiazioni. Molto più difficile, ma possibile. Ed è possibile fallire anche se si è supportati da molte parti. Si può cadere o rimanere indietro. Per evitare franintendimenti non sto parlando pro o contro i supporti morali ed economici. Anzi! Anche quelli possono essere utili, necessari, giusti, meritati perché aiutano la creazione ed il creatore. Anche per questo esistono numerosi esempi classici e contemporanei. Parlano di noi. Dicono che il poeta ha un compito importante: conservare la sua fede, originalità, la sua vulnerabilità legata alla sua nudità. Conservare la sana distanza dal pathos. La sua gioia di vivere e il suo umorismo. Che possa controllare le sue paure in profondità, che possa gestire situazioni al di fuori della sua zona di conforto. Che possa conservare in sé il silenzio, che possa sentire gli spazi tra le parole anche se dentro di sé piange. Che stia sveglio, che possa distinguere il buono dal cattivo, la luce dall’oscurità, ciò che è importante da ciò che è superfluo. Che riconosca nella materia l’anima. Diaktritiz pneumaton. Mentre lavora non abbia sempre aspettative, accusi, gesticoli e giudichi [ in modo parziale] perché potrebbe facilmente perdere l’equilibrio e cadere nell’abisso.


Anche se il proverbio dice che solo il poeta morto è un bravo poeta, proviamo a contraddire questo proverbio.

Finché avremo vita, lavoriamo. Creiamo valore. Stiamo svegli e vigili. Facciamo un’esame di coscienza. Qualche volta pieghiamoci e mettiamo a posto le nostre faccende. Parliamo di più tra di noi, creiamo un laboratorio intellettuale. Crediamo nel falansterio e finché costruiamo, ridiamo. Siamo felici del nostro lavoro, usciamo da noi stessi e tendiamo la mano agli altri. Distruggiamo le torri costruite su di noi e mangiamo una mela tutti i giorni. Se ci fosse silenzio sentiremmo la sua pace, se ci fosse senso nei discorsi ci sentiremmo liberi e non misureremmo le parole sapendo comunque che quelle convincono, considereremmo chi è bravo, rispettoso, si fida di te. Dietro ogni cosa c’è qualcosa, anche dietro il dolore, solo dietro la distruzione non c’è niente. Non è sufficiente sopravvivere, bisogna vivere. Con orgoglio, in serenità. Le relazioni devono essere buone, si può perdonare noi stessi e gli altri, le persone possono essere cercate, chiamate, bisogna gioire per la felicità incondizionata e bisogna mostrare una via d’uscita dalla distruzione.

Lavorare e non distruggersi.


Non chiedere cosa può fare per te la tua patria,

Ma chiedi cosa puoi fare tu per lei.


Così come il poeta è la coscienza della società, il redattore-poeta, il curatore-poeta, il direttore d’istituto-poeta, il poeta-poeta [il poeta che impersona l’unità del mondo] è la coscienza della letteratura. Se svolge bene il proprio lavoro, se serve, sbocceranno ordine e pace [Lao-ce-Weöres: Tao Te King], altrimenti verrà tutto immerso nella palude, nel fango e fetore del pantano. In questo caso il tessuto della società si disfa, l’etica si deforma, il suo sistema immunitario si indebolisce e verrà travolto dalla prima brezza. Se ci sono problemi, sono iniziati adesso. Forse questa situazione dura da molto, da decenni, da secoli. Indipendentemente dal tempo di ogni giorno, anzi indipendentemente dal trascorrere del tempo in generale. L’antico mondo letterario fratello-padrone, nello scorrere del tempo, corrente, detto anche corsivo.( Lo scrittore) si inchina, ha l’anima del servitore, va di porta in porta, prepotente, bullo. Se avesse due facce in questo paese, allora queste due facce sarebbero sicuramente queste. Da una parte lo scrittore che sfrutta il suo potere e si fa attendere, dall’altra lo scrittore che si inchina e chiede l’elimosina. Lo scrittore timoroso, accetta tutto. Come se fossero passati secoli senza lasciare traccia. Lo scrittore tutto fare che sfrutta i suoi numerosi contatti e il suo potere si organizza e ottiene premi per sé, il redattore che non risponde alle lettere degli scrittori, l’editore che promuove solo e sempre i soliti pochi scrittori mentre si fa pubblicità nel suo Paese e all’estero pur essendo un osservatore con i paraocchi della letteratura, l’editore attento che legge collezioni di poesie significative e prende l’impegno di sfogliare non solo alcune riviste letterarie, ma tutto l’elenco delle pubblicazioni incluse le opere pubblicate in edizioni speciali, il curatore che decide ogni cosa e guarda solo ed esclusivamente ai propri interessi e agli interessi di una cerchia molto ristretta di scrittori anche se i bandi non gli imporrebbero nessuna limitazione e potrebbe lavorare con un giro molto più ampio, catene di negozi ed agenti che hanno il compito di mettere in contatto le opere con i lettori, ma spesso sono proprio loro che non aiutano la circolazione delle opere tra i lettori, stimolando il dialogo e salvaguardando la qualità che avanza sempre di più.


Ma esistono anche direttori di istituto, redattori, curatori, grandi editori, agenti, scrittori, poeti senza peccato, che hanno sacrificato la loro vita per la letteratura e con grande dedizione svolgono il loro lavoro, pubblicano giornali, guidano l’editore, gestiscono bene i soldi pubblici che ricevono e comunque portano a termine il loro lavoro. Ci sono molti autori che fanno lavori normali di giorno, la sera educano i figli, la notte scrivono, riescono a mantenere la propria integrità personale anche in un periodo di forte crisi della sfera personale e pubblica, vivono senza ricatti, creano, lavorano giorno dopo giorno. Aiutano a costruire un’immagine positiva del proprio Paese. Svolgono un lavoro duro, costante e prezioso. Si può sempre contare su di loro. Sono convinto che loro siano la maggioranza. Credo che loro siano la letteratura. Solo un punto di vista può essere preso in considerazione: la letteratura. E la qualità. Dove regni la sicurezza e non il dubbio.


Se non distruggiamo più di quanto costruiamo, se anche di poco possiamo migliorare il mondo, non abbiamo vissuto invano.


E come nell’ethos del mondo avevano un ruolo chiave i monasteri, così anche in questo mondo straziato, parzialmente distrutto dai poeti, ethos deve essere ricostruito: questo sarebbe l’immane compito del poeta-frate di oggi. Responsabile. Colui che accresce l’intelletto.

Da C. a F.


Come ci comportamao, quella sarà la nostra patria.


Lavorare e pregare. Non con le parole, ma con i fatti.

La nostra vita deve essere la preghiera e non viceversa.

E se tutto va perso

che siano la poesia ed il silezio con noi.


Perché spesso dormono

Gli dei

E si asciugano tutti

Gli occhi belli

È allora che abbracci

Strappi fiori

Sei felice

Al posto loro

Tu porti dannazione

E se non ci fossi

Sarebbe rimasto immutato

Il mondo.


Sándor Halmosi

5. Febbraio 2020


Traduzione di Dr. Ágnes Kenéz (Revisione di Laura Garavaglia)


 

Sándor Halmosi (1971) poeta ungherese, traduttore di opere letterarie, redattore, direttore di una casa editrice, matematico. È nato e si è diplomato a Satu Mare, ha vissuto in Germania per 16 anni, abita a Budapest dal 2006. Affianca l’attività letteraria a quella di conferenziere su temi quali tradizione, poesia, linguaggio e simboli. Focalizza il suo impegno sull’importanza della divulgazione della poesia, sul dialogo culturale, sul collegamento tra la letteratura e l’arte figurativa. Dal 2016 si dedica anche alla tecnica della smaltatura a fuoco. Negli anni ha fondato associazioni letterari e culturali, ed è organizzatore di salotti letterari e laboratori. Membro ordinario del PEN Club ungherese a Budapest e dell’Accademia Europea di Scienza, Arte e Letteratura (EASAL, Parigi). È in stretto rapporto con poeti e organizzazioni di scrittori a livello internazionale. Nel febbraio del 2020 ha pubblicato un manifesto letterario, dal titolo Ora et labora. Parola che grida per la pura letteratura, che è un tentativo per rischiarare la crisi intellettuale del mondo, attraverso l’autenticità, il ruolo fondante del poeta e la responsabilità dei letterati - indipendentemente dal luogo e dalle sue caratteristiche linguistiche e sociali.


Opere in ungherese:

1. Chi sfoggia uno sfarzo smodato con i demoni, 2001

2. Sei stato fanciulla-Sole, 2002

3. Boschetto di alloro, 2003

4. Quel che è di Salomone, 2004

5. Sui pendii meridionali di Annapurna, 2006

6. Gilead, 2009

7. Ibrahim, 2011

8. La passione di Lao-ce, 2018

--- Trilogia apocrifa:

9. Scheggia di Sole, 2020

10. Narenta (in preparazione), 2021

11. I catari (in preparazione), 2021

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