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Giovani&Poesia


Europa in Versi e i giovani

L’evento che si terrà domenica 29 ottobre dalle 14.30 alle 17 a Villa Grumello (Como) è l’ennesima manifestazione dell’impegno che la Casa della Poesia di Como profonde verso i giovani che, in quell’occasione, avranno modo di proporre ai visitatori loro produzioni artistiche, musicali e teatrali liberamente ispirate ai versi dei grandi poeti che, lo scorso aprile, hanno preso parte alla settima edizione del Festival Internazionale di poesia Europa in Versi.

Questa giornata diventa anche lo spunto per parlare di un tema che non si può non avere a cuore ogni volta che si ama qualcosa e si è consapevoli che quel qualcosa non è importante solo per se stessi ma anche per gli altri, ed è il rapporto di quel qualcosa con la gioventù, cioè a dire con il suo prosieguo, con la possibilità che esso non sia circoscrivibile in un tempo e in un luogo ma che superi i confini spaziali e cronologici.

Quel qualcosa, in questo caso, è la poesia.

Parlare di poesia e giovani non è semplice, soprattutto se a farlo è una persona non propriamente adulta e, in qualche modo, circondata di poesia dentro e fuori; insomma, è un po’ come dover descrivere un treno seduti su quel treno, mentre va. Ma proviamoci.

Innanzitutto considerare il rapporto tra poesia e giovani significa ammettere implicitamente che la poesia non è morta ma che, al contrario, ha ancora tutta l’intenzione di seminarsi in nuovi terreni pronti e disponibili alla sua incubazione e successiva (ri)nascita; affermare questo non significa, però, non riconoscere un mutato stato e ruolo dell’arte poetica, tendenzialmente relegata (e, in parte, autorelegantesi) in sfere parallele a quelle del quotidiano agire sociale, verso il quale non solo ha perso progressivamente il ruolo di guida, ma dove sta vedendo lentamente scemare anche quello di fattore co-dipendente. In secondo luogo il legame poesia/gioventù presuppone l’amichevole constatazione che o la poesia non è così di nicchia, così oscura, così nascosta, così “altra”, oppure esistono dei giovani di nicchia che, in una sorta di loggia massonica, continuano a perpetrare quest’arte; più semplicemente, mi verrebbe da dire, la poesia è uno stato dell’essere prima che dell’agire e appartiene all’uomo come possibile manifestazione di sé e come tentativo di spiegazione del mondo, interiore ed esteriore: non tutti abbiamo però un’inclinazione in questo senso, né tutti vogliamo usare la poesia in qualità di strumento per comprendere il reale e l’irreale; ma ciò accade con qualsiasi altra arte, a ben pensarci, e con qualsiasi altra declinazione di sé. È l’affinamento, lo studio, la comprensione, il percorso che la porta a compimento a renderla più o meno elitaria, insieme alla modalità con cui la stessa viene gestita da parte di chi viene riconosciuto (più o meno autorevolmente) o si auto-riconosce (più o meno obiettivamente) degno di esserne illustre datore di voce.

Non è più nobile scrivere un verso che unire gli ingredienti e sfornare una pagnotta profumata: l’essenza della poesia dovrebbe partire dal riconoscimento di questo assunto.

Osservando il panorama poetico-giovane odierno sembra però che una sorta di snobistica auto-considerazione continui a esserci; per non parlare delle raccomandazioni, delle cerchie, dei soliti nomi, dei concorsi con poca libera concorrenza. E questo è vecchio, molto vecchio, oltre che tremendamente noioso. Ciò che mette più tristezza è che la poesia, per antonomasia, dovrebbe essere lontanissima da queste dinamiche. Mi spiego meglio: potremmo più facilmente (seppur non con meno delusione) accettare che il datore di lavoro di una certa azienda assuma Tizio perché è il figlio di Super Tizio e non Caio che è il figlio di qualcuno ma non di Super Tizio, ma difficilmente riusciamo ad ammettere che Tizio pubblichi o vinca concorsi o sia elogiato a destra e a manca perché immanicato con Super Tizio, o facente parte del gruppo di Super Tizio. Eppure accade costantemente questo, senza grossi clamori, anche nell’ambito poetico dei giovani, che prima di essere poeti sono umani e quindi non esenti dalle logiche del preferenzialismo e del successo che, in molti, paiono prevalere su quelle strettamente poetiche.

Attenzione: questo non vuol dire che tra i nomi sovra citati non ci sia nulla di buono e che il buono sia tutto tra gli innominati. Può esserci (o non esserci) da una parte e dall’altra. Come sempre la differenza la fa la curiosità, la voglia di andare oltre, di cercare il bello che a volte si annida nei salotti letterari ma molte volte no. Ogni giovane è libero di fare e seguire la poesia che preferisce, di fare poco o tanto per stare sulla cresta dell’onda, per far conoscere il proprio nome; e c’è chi è altrettanto libero di criticare questo meccanismo, di starne orgogliosamente fuori.

Ecco, io credo che la gioventù poetica debba avere il coraggio di andare oltre tutto questo, là dove si situa il vero senso di poesia. E lo deve fare con quell’entusiasmo che la contraddistingue e che si avverte ogniqualvolta si leggano giovani versi o si prenda parte a eventi poetici che coinvolgono i giovani. Forse è un progetto utopistico, ma senza utopie non è possibile poesia, non è possibile una vita degna di essere chiamata tale.

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