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Martina Toppi

Intervista a Müesser Yeniay


Mai è stato così importante come ora per me comprendere il vissuto di un poeta prima di scriverne. L’esperienza di vita di Muesser Yeniay è inscindibile dalle parole che, come gocce di sangue, calcano la carta. Come gocce di sangue, sì, perchè il sangue ha un significato primordiale, come la forza insita nel suo animo, ma è anche simbolo di sacrificio. Essere donna ed essere scrittrice sono due dimensioni che richiedono costantemente a Müesser questo sacrificio.

Müesser nasce a Smirne, in Turchia, nel 1984, in un contesto dove essere donna è complicatissimo: basti pensare che, ad oggi le donne turche, tra le varie cose, rischiano quotidianamente, nella loro stessa casa, di essere vittime di stupro e di delitto d’onore. E’ infatti questo un punto cruciale della trattativa che la nazione sta intessendo ormai da anni con gli stati membri dell’Ue per entrare a far parte della comunità europea.

L’umiliazione che una donna turca deve subire tuttavia non si limita al corpo, sebbene quello costituisca una tragica anticamera a tutta una serie di danni psicologici insanabili. In Turchia essere donna rende difficile qualsiasi altra cosa: rende arduo acquisire una buona istruzione e ancora più difficoltoso raggiungere qualsiasi obiettivo professionale. Essere donne in Turchia non è una gran fortuna. Eppure, con la sua poesia, che fieramente Müesser dichiara essere la sua essenza più profonda, questa poetessa riesce a riscattare la sua condizione femminile ridonandole onore e orgoglio.

“Credo di essere diventata ciò che amavo dal momento in cui ho iniziato a scrivere poesia” ha raccontato Muesser nel corso di un’intervista per il blog letterario I sensi della poesia, nel 2017.

La poesia infatti nasce in Müesser come risposta a una latente solitudine, cresciuta in lei fin dall’infanzia, passata con i nonni. La vicinanza di queste figure educative l’ha aiutata a percepire se stessa come qualcuno di speciale, contro qualsiasi forma mentis vigente nel suo paese, promuovendo così in lei un naturale amore per se stessa e per il proprio corpo, che ha scatenato una fervida fantasia. Una fantasia fruttuosamente sfociata nella scrittura di versi.

Menstruation/Mestruazioni

Postfemminismo

Il silenzio diventa parola

goccia dopo goccia

Sono una donna, una poetessa

in questo nulla

che colpisce il mio corpo

l’uovo che abbandona il mio grembo

ogni mese

ha una leggenda

nel mio corpo

ha una traccia

la mia femminilità

il mio tallone d’Achille

il mio cane che abbaia ogni mese

un uomo non può essere un poeta

un uomo può essere la penna per un poeta.

La natura costituisce per Müesser una dimensione fondamentale: lì, la poetessa sente di potersi ricongiungere a voci che giungono dal profondo del suo essere, ma anche dalle profondità della sua terra madre. Smirne, infatti, importante città sviluppatasi parallelamente alla mitica Troia e fiorita sotto il controllo della polis greca di Mileto, polo commerciale dell’antica penisola anatolica, è stata caratterizzata per lunghi secoli, nel corso del II millennio a.C., dal culto della Grande dea madre Cibele. Dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici, visceralmente connessa al culto della fertilità e della femminilità. E’ struggente pensare che una terra, così a lungo legata a questa grande divinità femminile, sia oggi palcoscenico di efferate atrocità nei confronti delle donne. Questa dimensione non va dimenticata e Müesser Yeniay la prende molto sul serio: la sua poesia vive e respira di terra, di natura e di femminilità. Sono dimensioni che la pervadono prepotentemente, portate fino al loro estremo sviluppo.

La poesia di Müesser Yeniay non può essere in nessun momento scissa dalle condizioni socio-politiche della Turchia e, soprattutto, dalle attuali condizioni delle donne che lì vivono Scrivere poesia per Muesser vuol dire fare politica attivamente, vuol dire compiere uno sforzo concreto per migliorare la propria condizione e quella degli altri, giorno dopo giorno. Leggere le sue poesie e l’intervista che la poetessa ci ha gentilmente concesso vuol dire svestirsi di qualsiasi confortante sicurezza, per calarci in un mondo e in una società dove essere donna vuol dire fondamentalmente soffrire. Leggete le sue parole, in versi e in prosa, con bene a mente questa dimensione: Müesser è politicamente impegnata a rendere il suo paese un posto migliore per ogni singola donna che vi abbia messo, vi metta o vi metterà piede, ma anche per tutti quegli uomini che le amano e le rispettano.

Se le sue risposte vi sembrano dure, se vi sconvolgerà, se rimarrete senza più nulla da replicare, scioccati -è successo anche a me - non fatevene una colpa. Müesser è il frutto coraggioso e splendido di un sistema socio-politico marcio fino al midollo, che per troppo tempo ha tentato di mettere a tacere le donne. La donna e il suo corpo rinascono nella poesia di Muesser Yeniay: un miracolo laico, questo sì, che deve lasciarci a boca aperta.

Martina Toppi

Breasts/Seni

Qual è il significato dei miei seni?

due rigonfiamenti su di me

o due collinette

che raggiungono il tuo sguardo

-i miei seni sono una coppa di magia

nella quale le tue mani si sono sbriciolate

trasformandosi in polvere-

un’alchimia di calore

e morbidezza

hanno storie da raccontarti.

INTERVISTA

MARTINA TOPPI: Ultimamente sul nostro blog stiamo parliando di donne e lo vogliamo fare utilizzando il linguaggio della poesia. Tu da sempre conduci una profonda ricerca su questo piano e a tal proposito vorrei citare alcuni versi di una tua poesia che mi hanno sempre molto colpita, da Non parlarmi degli uomini ora!:

“it is not homeland that is divided

but the body of woman

now, do not tell me of men!”

Non è la patria a essere divisa

ma il corpo della donna

ora, non parlarmi degli uomini!”

Da quale esperienza o ispirazione nasce questa poesia e qual è il fondamentale messaggio che avevi intenzione di trasmettere quando l’hai scritta? Credi che abbia lasciato il segno?

MUESSER YENIAY: Questa poesia è una delle mie prime. Penso che il suo potere nasca dalla connessione che ha con la realtà. Come sai, la guerra e la patria sono argomenti centrali oggi e spesso gli uomini venerano il concetto di patria. La patria è un luogo dove possono provare la loro mascolinità. In questi versi, quello che volevo dire è che in realtà è il corpo della donna a essere diviso, non la patria, non il paese. Il corpo è sotto attacco. La terra e la terra che il corpo di una donna è, metaforicamente parlando, avanzano parallelamente nella storia. Gli uomini detengono il potere e decidono delle nostre vite anche in Europa. Esistiamo, ma spesso non siamo viste, parliamo ma non veniamo ascoltate, pensiamo ma non veniamo capite. Dovremmo sempre stare in casa perchè abbiamo figli e seno e vagina. Penso che il vero motivo sia il fatto che gli uomini venerano se stessi e vogliono vedere se stessi ovunque. Anche nella personalità di una donna.Sono egoisti, ineducati e duri di carattere. In Turchia la situazione sta peggiorando di giorno in giorno. Ogni giorno, le donne vengono uccise o obbligate al suicidio. Quest’atmosfera caotica ribolle nella mia poesia. Posso sentire le loro grida. Dovrei anche aggiungere che l’esperienza e l’ispirazione sono un dovere quotidiano e io sono una dei poeti del nostro tempo più radicali su questo argomento. Penso di essere un’ “influencer” tramite la poesia. Ci sono giovani donne che leggono i miei testi e trovano in se stesse quel tipo di coraggio che mi fa sentire estremamente orgogliosa. La realtà non è come ce la dipingono. Dovremmo parlarne fin dall’inizio con la nostra voce e con le nostre parole.

MT: Il tuo essere donna è mai stato un ostacolo nella tua carriera? Pensi che se fossi nata in Europa, invece che in Turchia, ti saresti sentita meno discriminata in quanto donna?

MY: Ma certo, non ho una vita qui. Sono limitata economicamente, socialmente e culturalmente. L’unica vita che mi viene concessa è quella della famiglia, ma non mi sento portata per questo tipo di esistenza. Odio avere un padre, avere un marito, avere in generale un’autorità che parli per me. Anche alcune mie amiche femministe si sono sposate e hanno lasciato il paese perché il regime del partito della giustizia e dello sviluppo(AKP, dal turco Adalet ve Kalkınma Partisi) non permette alle persone di uscire dai suoi schemi politici, il che significa avere un atteggiamento di devozione a una setta religiosa per poter ottenere un lavoro.Non approvo il sistema del mio paese e odio fortemente le sue istituzioni sessiste. L’Islam significa potere e soldi agli uomini, come le altre religioni. Le femministe dovrebbero in prima istanza lottare per resistere alla religione. Se fossi nata in Europa, invece che in Turchia, avrei comunque percepito la discriminazione, ma ovviamente in misura minore. Ci sono uomini stupidi anche in Europa. Guardo i loro discorsi in parlamento e mi arrabbio, ma la differenza è che qui in Turchia gli uomini vengono trattati come piccole divinità terrestri.Viviamo con degli dei e li dobbiamo servire, assicurandoci che abbiano ogni comodità. Non siamo visibili né nella vita sociale né nel linguaggio. Persino la giuria per il concorso per il romanzo, a nome di Duygu Asena, una femminista simbolica della Turchia moderna, è composta da uomini. Nessuno se ne preoccupa e nessuno dice “per favore, fermiamo questa insensatezza”, perchè tutti loro vorrebbero sempre stringere il potere tra le mani.

MT: Nel 2017, in un’intervista per “Il senso della poesia”, hai detto che la poesia è anche politica. Penso che sia un pensiero molto interessante, ti andrebbe di spiegarcelo meglio? E poi, in quale modo pensi sia possibile per la poesia di migliorare la condizione delle donne nel tuo paese?

MY: C’è una frase di Mahmud Dervish che dice: “La poesia non può prevenire le guerre, ma può cambiare la mentalità di chi controlla le guerre”. Anche la più piccola influenza è vitale per migliorare le condizioni dell’umanità. Persino il linguaggio è uno strumento politico. Al suo interno puoi scoprire il punto di vista di chi parla, esprime un’opinione. Dal momento che la poesia per sua natura ha più a che fare con il pensiero e i sentimenti, è ancora più politica, proprio per questo. Nâzım Hikmet è un ottimo esempio di questo fatto e ha passato gran parte della sua vita fuori da questo paese. Per quanto riguarda il modo in cui la poesia può aiutare a migliorare la condizione delle donne nel mio paese, la mia risposta è: bisogna scrivere di più su temi cari al femminismo e avere un discorso al femminile nei propri scritti, ma molto diretto, come faccio io. Essere visibili sui testi, le riviste, i circoli letterari è cruciale per la continuità di questo tipo di professione per noi. La poesia può dipingere un quadro per mostrare quello che sta accadendo in quest’area geografica e in questo lasso di tempo. Io dipingo questo quadro con la poesia per il presente e per il futuro. Le voci degli oppressi sono radicate nelle mie orecchie e nel mio cuore. Quello che chiediamo per il momento presente non è una buona vita, ma una vita da vivere. Ma questo è orribile! Emine Bulut è stata uccisa da suo marito sotto gli occhi di sua figlia gridando “Non voglio morire!” e i video dell’accaduto sono diffusi in tutta la nazione. E’ stato uno shock di portata nazionale ma ha anche resto questo tipo di accadimenti qualcosa di ordinario e quotidiano, agli occhi delle persone. E’ una nevrosi sociale e io non voglio conviverci. Non mi importa di tutti quei politici il cui unico lavoro è guadagnare raccontando bugie persuasive. Le donne possono cambiare le cose assumendo il controllo della società.

MT: Pensi che siano più portate alla scrittura le donne o gli uomini, oppure ritieni che entrambi i sessi siano allo stesso modo inclini a questa attività?

MY: Nella mia poesia, “Mestruzione”, ho scritto: “Un uomo non può essere un poeta/ un uomo può essere la penna per un poeta”. E’ un’affermazione abbastanza sessita, ma quando si pensa alle ragioni che vi stanno dietro, non è per niente sorprendente. Il primo motivo è che le donne hanno più storie e che le nostre vite sono vite pazzesche. Sono la crème de la crème. Dapprima dobbiamo conquistare il diritto di scrivere, poi i mezzi per farlo e poi, se abbiamo un’educazione adatta, possiamo trovare delle parole per scrivere. Vedi come gli uomini ce lo rendono difficile, quanti riconoscimenti dobbiamo ottenere nel campo della letteratura, solo per avere il diritto di avere una penna. La scrittura è uno strumento dell’uomo, esattamente come il linguaggio. Dovremmo riversarvi i nostri profondi fiumi di pensiero temerariamente. Il secondo motivo è che la nostra biologia e i nostri ormoni mutano insieme alle nevrosi sociali e questo ci rende più creative. I nostri corpi sono pensati per dare la vita, sia mentalmente che fisicamente. Scrivo la maggior parte delle mie poesie prima e durante il mio ciclo mestruale, durante il quale sono più vulnerabile a quello che succede al di fuori di me e dentro di me sono in continuo mutamento. Percepisco questo lasso di tempo come una terra segreta del mio subconsio, nella quale posso interagire con persone, oggetti, simboli e coincidenze andate perdute. Le voci delle divinità femminili sepolte sotto all’Anatolia hanno tanto da raccontare. Le Amazzoni, ad esempio, i loro spiriti sono come un secondo corpo, nascosto nella mia anima. Smyrna (Izmir), la mia terra d’origine, è stata fondata da loro. Sono molto intrigata dalla loro natura selvaggia e priva di impedimenti.

MT: Nella tua poesia uno dei temi centrali è quello del corpo, o meglio, del corpo femminile, perciò vorrei chiederti cosa pensi del modo in cui questo stesso corpo è trattato al giorno d’oggi nei paesi occidentali. Ad esempio, cosa pensi dei concetti di maternità surrogata e utero in affitto?

MY: I dialoghi con il corpo sono di importanza fondamentale per la mia poesia. La filosofia del corpo può cambiare la tua vita. Prima di tutto è di interesse mondiale. In secondo luogo, il desiderio che da lì nasce costituisce la radice della vita. Il corpo della donna ha anche delle connotazioni politiche e religiose. Nel suo saggio “La risata di Medusa”, nel quale ha coniato l’espressione “ecriture feminine” (scrittura al femminile), Helen Cixous asserisce che “le donne devono scrivere di se stesse: devono parlare delle donne e portare le donne alla scrittura, dalla quale sono stata allontanate violentemente così come sono state allontanate dai loro corpi”. Personalmente, in quanto poetessa, sto cercando ci comprendere la vita interiore del mio corpo, dei miei organi. Sto usando certamente delle metafore per afferrarne il segreto. Ho scritto poesie sui seni, sulla vagina, sulla masturbazione, sulle mestruazioni. Sono argomenti taboo in gran parte del mondo. In una delle mie poesie ho costruito un’analogia tra la bocca di un pesce e la vagina. In un’altra, ho paragonato l’utero a una stanza nel ventro della balena in cui per qualche tempo è vissuto il profeta Giona. Quando scrivo sono eccitata, perchè scrivere per me significa costruire nuove città che nessuno ha conosciuto prima e lì la vita trascorre senza ingiustizie. Perciò invento nuove metafore per le donne del nostro tempo. La poesia non è una scoperta, ma un’invenzione a partire da ciò che è sconosciuto. Per quanto riguarda il corpo, spesso la mia poesia è stata accostata a quella di Saffo, cosa che mi rende estremamente felice. E’ una poesia sensuale e piena di desiderio. Anche il desiderio femminile è in attesa di essere espresso senza censure. Io non censuro nulla nei miei testi, perchè ho fiducia e coraggio in me stessa, il che però dipende da una certa mentalità e da una certa formazione culturale. Per quanto riguarda invece la maternità surrogata e l’utero in affitto, ho sempre pensato all’utero come a un luogo sacro per il genere umano, in quanto è il simbolo universale della completezza e dell’ospitalità. Questo mondo - o almeno, in Medio Oriente - è come un museo di dolore. Perciò io difficilmente approvo l’idea di dare vita a un figlio e distruggere la sua eterna pace.

Now Do not Tell Me of Men! / Ora non parlarmi degli uomini!

La mia anima soffre al punto che

ho risvegliato le rocce del sottosuolo.

La mia femminilità,

un salvadanaio riempito di pietre

una casa per i vermi, picchi

una tana per i lupi che si arrampicano sul mio corpo

sulle mie braccia, nuovi semi vengono sparsi

l’uomo della tua vita è ricercato

questo è un bel problema.

La mia femminilità, il mio freddo spuntino

e il mio pube, una casa per il nulla,

il mondo si erge qui

e tu! Vivi con i rifiuti lanciati dentro di te.

Quando se ne sarà andato, digli che la carne lascia le unghie

che tu sopravvivi con l’arte dello spezzarsi

digli di quella grave malattia

come la pelle di una lepre, sono fredda nei tuoi occhi

non sono in debito con te, frutto dell’utero di tua madre, signore!

la mia femminilità, il mio continente invaso

E non sono neppure una terra coltivata…

gratta via quest’organo che non mi appartiene

come una pelle di serpente, vorrei lasciarmelo indietro

non è ragionevole essere la madre di un assassino.

Non è la patria a essere divisa,

ma il corpo di una donna:

ora non parlarmi degli uomini!

Between My Body and the World/ Tra il mio corpo e il mondo

Tra i miei capelli, cresce la disperazione

le sue radici sono in me, tuttavia

come la terra, io sono liscia,

al suo centro

se metto i miei ricordi in una tenda

e me stessa in un’altra tenda

i miei occhi stanno scomparendo…

E’ come se fossi uscita da un seme

e ritornassi in quel seme

Sono l’impronta di uno zoccolo di cavallo

sul volto del giorno

tra il mio corpo e il mondo

dovrei porre distanza.

Cherry Stone/ Seme di ciliegio

Se il tuo uomo che ami

-che custodisci nel tuo cuore

come un seme di ciliegio -

vorrà lasciarti, un giorno

semplicemente estirpalo

e mostra

la porta del tuo cuore

l’uomo è un fantasma

la cui epica tu stessa hai scritto con la tua penna.

*le poesie sono state tradotte dall'inglese da Martina Toppi

BIOGRAFIA DELL'AUTRICE

MÜESSER YENİAY è nata a Smirne nel 1984. Ha vinto diversi premi in Turchia. Il suoi libri sono Darkness Also Falss Ground (2009), I Founded My Home in the Mountains, antologia di traduzioni di poesie da tutto il mondo, I Drew the Sky Again (2011), The Other Consciousness: Surrealism and The Second New (2013), Before Me There Were Deserts (2014), Modern Readings in Turkish Literature (2016), Permanent Talk with the Beloved (2017), The Memory of Poetry: Writings on Poetics, Canon and Women (2018). Ha tradotto la poesia di Behruz Kia, Ronny Someck, Attila F. Balazs, dei poeti vietnamiti Mai Van Phan and Nguyễn Quang Thiều. I suoi libri di poesia sono stati tradotti e pubblicati negli USA (Mundus Artium Press, When I Slept in a Rose Petal), UNgheria (AB-Art, A Rozsaszedes Szertartasa), Francia (Edition Bruno Doucey, Ainsi Dicent-ils) India (Bodhi), Colombia (Silaba, Antes de mi Habia Desiertos), Spagna (Edicion de Jaime B. Rosa, Poemas Selectos), Vietnam (Vietnam Writers’ Association, Nghi le Hai Hoa Hong Trong Vuon), Japan (Duet of Flame).

Ha vissuto negli USA, a Hong Kong e in Belgio. Müesser è oggi editrice del magazine letterario di poesia Şiirden. Sta inoltre studiando per conseguire un dottorato in letteratura turca alla Università di Bilkent, ad Ankara.


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