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Laura Garavaglia

L'inutile bellezza della poesia


Pubblichiamo l'intervento che Laura Garavaglia terrà al carcere di Opera sul valore e sul senso della poesia.

Chiedersi quale sia oggi il ruolo del poeta, equivale a chiedersi a cosa serve la poesia, genere letterario di nicchia, trascurato dalla gran parte dei lettori e, di conseguenza, dalla maggior parte delle case editrici, perché non finalizzato all’utile, al profitto.

Il poeta, dunque, in questo nostro mondo dove tutto è misurato sul metro del guadagno, si sente emarginato, incompreso, avverte il disagio di non riuscire ad appartenere a qualcosa di delineato, definito, a una “corrente” o una “scuola”.

Che senso può avere scrivere poesie in una società altamente tecnologica, globalizzata, dove l’uomo, come afferma Philippe Breton, sociologo, ricercatore presso il CNRS di Strasburgo, è ridotto “a un essere senza interiorità e senza corpo, che vive in una società senza segreti ed esiste soltanto attraverso l’informazione e lo scambio”? Che senso può avere scrivere versi in una realtà in balia dell’instabilità, dell’incertezza , dove mutano gli scenari a livello mondiale, si profilano scontri fra le civiltà, dove valori, certezze cambiano rapidamente e ciò che ieri sembrava vero si rivela oggi effimero? Eppure la poesia, come la filosofia, è intimamente legata alla nostra esistenza, è parte della nostra vita. Come non pensare a Giacomo Leopardi, poeta e grande mente speculativa o a Friedrich Nietzsche, che ci ha lasciato opere filosofiche scritte con toni altamente lirici? La parola poetica, grazie al suo valore simbolico, evocativo, fa breccia nei nostri cuori, per poi giungere ad illuminare le nostre menti. La poesia induce a pensare, a guardarsi dentro, a riappropriarci della nostra interiorità, soffocata dalla polvere inconsistente dell’esteriorità, minata dalla falsa necessità di dover apparire ad ogni costo per poter essere. Salvatore Quasimodo affermava “la poesia rivela un sentimento che il poeta pensa essere individuale , personale e che il lettore avverte come proprio”. Il poeta dunque ha la capacità di rendere universale il sentire, accende emozioni, bagliori che si fanno sensazioni, crea una straordinaria empatia tra sé e il lettore.

Il poeta trasforma le immagini in linguaggio e il lettore trasforma il linguaggio in immagini; in virtù della pluralità di significati che la parola poetica evoca, ogni lettore legge,“vede” immagini diverse, secondo la propria sensibilità, disponibilità emotiva, preparazione culturale.

Ma la poesia è anche una forma di conoscenza che ha tanti punti in comune con la scienza. Anzitutto, l’insopprimibile volontà di scoprire, la curiosità intelligente di sapere chi siamo, da dove veniamo e come siamo fatti, com’è fatta la realtà in cui viviamo e l’universo che ci circonda. E poi la grande capacità di intuizione, di immaginazione che lega poeti e scienziati, la tensione alla bellezza, l’uso, nei due linguaggi, di metafore che hanno un forte potere evocativo, stimolando l’immaginazione. Il poeta Piero Bigongiari ha scritto che la poesia è la scienza dello stupore e il Werner Karl Heisenberg, Premio Nobel per la fisica nel 1932, affermò che uno scienziato, per essere tale, deve anche essere poeta.

Certo, il poeta non può offrire facili soluzioni. Il sapere scientifico si basa su dimostrazioni, la poesia può solo “mostrare” e non “dimostare”.

I libri di poesia non sono libretti di istruzioni, superficiali manuali di sopravvivenza. Nascono, spesso, da una profonda sofferenza interiore, un travaglio intimo. Ogni poesia è frutto inoltre di un’accurata ricerca stilistica: il significato complessivo è dato dai rapporti che si stabiliscono tra i diversi strati – fonologico, ritmico, sintattico, semantico- del testo poetico, come scrive Remo Ceserani nel saggio “Il testo poetico” ( Il Mulino, 2005). Eppure, come affermava Vittorio Sereni parlando della poesia di Eugenio Montale, in quel “tanto suo dubbio sull’esistenza”, appassiona alla vita. E un profondo, viscerale amore per la vita è condizione inseparabile dalla poesia, perché l’oggetto di quest’ultima non può che essere la vita stessa, da affrontarsi con coraggio anche e soprattutto nella quotidianità, con tutto ciò che di negativo e positivo essa presenta. Leggendo le poesie di Umberto Saba o di Emily Dickinson , per esempio, si scopre come l’ambiente ristretto della propria città o addirittura della propria casa possa avere “la latitudine dell’infinito” e come per il poeta possa essere fonte di ispirazione, grazie al quale sviluppare un mondo interiore ricco e complesso. È nell’inutile bellezza della poesia che risiede la sua stessa forza, il suo significato più profondo: nella sua capacità di porre interrogativi in un mondo dove sembra che ci siano troppe, facili, inconsistenti risposte a tutto; nell’ offrirsi come ricerca del senso, decantazione delle passioni, cura dei mali dell’anima. Ecco a cosa servono, oggi come da sempre, i poeti: a scoprire nuove verità di vita, ad aprire uno spiraglio oltre la vita stessa.


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